Sulla complessità e la ricchezza teologica del capitolo 5 del Vangelo di Giovanni

Jesus' Rebuke to the Pharisees. 10. The Pharisees' Judgment on Jesus | by  Follow God | Medium

Sulla complessità e la ricchezza teologica del capitolo 5 del Vangelo di Giovanni

Uno dei momenti più teologicamente importanti del Vangelo di Giovanni è quello che si registra al capitolo 5 del suo Vangelo. Con esso inizia in senso proprio la dimensione teologica (più che non soltanto storico-narrativa) dell’insegnamento di Gesù secondo la testimonianza giovannea. Infatti, fatta eccezione per il prologo ad inizio del Vangelo, dalla seconda parte del capitolo 1 sino appunto a questo capitolo 5 Giovanni riporta eventi e parole di Gesù, ma non una vera “teologia” della parola di Gesù stesso. Con il capitolo 5, invece – che a sua volta inizia con la narrazione di un evento miracoloso, ossia la guarigione dell’infermo alla piscina di Betzatà – la narrazione giovannea cambia registro linguistico, servendosi del dibattito di Gesù con i Giudei quale introduzione ad una presentazione teologica di Gesù stesso. In tal senso, la complessità stilistico-narrativa aumenta e si eleva ad altezze molto notevoli con questo capitolo 5. Ivi Gesù non soltanto rivela se stesso come Figlio del Padre – cosa che, unitamente alla violazione del sabato, viene assolutamente mal accolta dai Giudei, sino ad indurli già a questo momento incipiente della sua predicazione ad organizzarne l’uccisione (cf. 5,18) – ma assieme a ciò svela la natura esistente fra ciò che egli sta operando in quell’attualità storica ed il Padre stesso. In tal senso, il capitolo 5 si articola in una struttura fitta di insegnamenti teologici tra loro concatenati, divisibili tuttavia in due ordini di senso: il primo è quello nel quale si svelano i rapporti tra il Padre e il Figlio, il secondo è quello più intimamente “cristologico”, nel quale cioè si descrive la realtà divina del Figlio dell’uomo nell’attualità della redenzione che sta compiendo.

Gesù dice a riguardo i seguenti concetti:

1° ordine di senso, quello della relazione Padre/Figlio

  • Il Padre opera sempre e così il Figlio (5,17)
  • Il Figlio da sé non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre, e ciò che il Padre fa anche il Figlio lo fa (5,19)
  • Il Padre ama il Figlio e gli manifesta ogni cosa che fa (5,20)
  • Il Padre dà la vita e risuscita i morti e così il Figlio (5,21)
  • Il Padre ha rimesso ogni giudizio in mano al Figlio, affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre (5,22-23). Da qui la conseguenza teologica che se uno non onora il Figlio, non onora nemmeno il Padre
  • Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso (cf. 5,26)
  • Il Padre che ha mandato il suo Figlio nel mondo, ha reso a quest’ultimo testimonianza di lui, mediante le opere che il Figlio sta compiendo nel mondo, ma anche mediante l’invio del precursore e della stessa Scrittura che ne annunciava la venuta (cf. 5,32ss. 36-37.39)
  • Il Figlio è venuto nel mondo nel nome del Padre suo (5,43)

2° ordine di senso, quello cristologico:

  1. Chi ascolta la parola del Figlio, non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita (qui, e nel punto successivo, “morte” è intesa in senso spirituale, cf. 5,24)
  2. I morti – nell’ora presente della venuta del Figlio – udranno la sua voce e chi l’avrà ascoltata vivrà (“morti”, anche qui, da un punto di vista spirituale, cf. 5,25)
  3. Il Figlio darà modo a quanti sono nei sepolcri di udire la sua voce, e tutti i morti (qui in senso carnale) risorgeranno, chi alla vita chi alla condanna eterna (cf. 5,28-29)
  4. Il Figlio giudica non da se stesso, ma secondo quanto ascolta dal Padre e dunque la sua giustizia è ineccepibile, non cercando il Figlio il compimento della sua volontà, ma di quella del Padre suo (cf. 5,30)
  5. Il Figlio non riceve gloria dagli uomini, ma ne conosce di ognuno il cuore (5,41-42)
  6. Del Figlio, Mosè ha scritto, e il Figlio è colui al quale chi dice di credere in Mosè, non può che credere (5,45-47)

Tutto questo insieme di informazioni, Gesù le rivela in un lungo discorso che l’Evangelista Giovanni costruisce in un modo unitario e compatto, senza esporre, differentemente da ciò che accade nei capitoli seguenti, le obiezioni dei Giudei alla sua stessa autorivelazione. Alcuni studiosi ritengono che questa esposizione giovannea dipenda in realtà non da un’unica stesura, ma da più redazioni. Noi invece difendiamo l’unità non soltanto estetica del testo, ma anche scritturistica: Giovanni vuole infondere una conoscenza intensiva di Gesù in quanto Figlio del Padre ad inizio della sua stessa presentazione ai capi di Gerusalemme e alla classe colta d’Israele, mediante un linguaggio teologico che introduce alcuni capisaldi fondamentali anche per la teologia trinitaria e la stessa cristologia.

Amen

 

Edizioni e Libreria Cattolica La Casa di Miriam

Piazza del Monastero 3 – 10146 – Torino

 

 

 

Pubblicato da lacasadimiriam

La Casa di Miriam è un centro editoriale cattolico ed un cenacolo di preghiera operativo 24h