“Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1Pt 3,15) – Meditazione serale alla Casa di Miriam del 1 marzo 2024:
Queste parole dell’Apostolo Pietro molti di noi le conoscono ampiamente. Si tratta infatti di uno dei passi più conosciuti non solo della sua prima lettera, ma anche di tutte le lettere cosiddette “cattoliche” del Nuovo Testamento. Ma cosa ci sta dicendo, concretamente, Pietro? Non dobbiamo prescindere da colui che scrive, dalla sua personalità, che per quanto trasformata negli anni, in alcuni elementi rimane la medesima, intrinseca a lui. E questa personalità non è quella di un sapiente, di un dotto, di un “teologo”. La sua cultura, al di là degli interventi soprannaturali della grazia in lui, rimane quella di un uomo semplice, senza studi o conoscenze particolari. E dunque cosa intende quando dice di essere sempre pronti – nella sostanza – a dare una ragione della speranza cristiana? Certo questa “ragione” non è il frutto di teologumeni o di esposizioni teologiche; non perché non siano utili, ma non sono in questo contesto evocati dall’Apostolo. Se dipendesse da essi, molto pochi sarebbero i cristiani capaci di adempiere questo monito petrino. Pietro, invece, parla a tutti, non a pochi “colti”: la “ragione” che egli evoca non è dunque quella “speculativa” dei teologi, ma quella concreta di chi vive nella grazia, ossia anche il più umile degli uomini. Lo Spirito costantemente espone le sue “ragioni” nel cuore di chi lo invoca; esse devono essere colte e testimoniate, sempre, a chiunque e in qualunque contesto, poiché è in gioco la verità della speranza cristiana. Non si tratta, quindi, di una esortazione a studiare tutto ciò che è possibile, al fine poi di “dare una ragione” di ciò che si professa; piuttosto, si tratta di cogliere umilmente la voce dello Spirito che abita in noi, e di esporla all’esterno, dinanzi a chi “chiede una ragione” di questa nostra speranza. Si parla della “speranza”, non delle verità della fede o delle argomentazioni bibliche o teologiche: il livello di questa “ragione” è dunque insito – secondo Pietro – più nel cuore che nell’intelletto. Per lui è accaduto così. Egli è stato certamente un uomo dal carattere impetuoso, ma anche un uomo dal grande cuore; e mediante quest’ultimo, nell’aderenza alla voce dello Spirito, ci ha comunicato le ragioni della speranza cristiana, in modo esplicito e intenso, tanto di più perché legato alla voce di un Apostolo, il più eminente, del Signore stesso. E dunque non perdiamoci d’animo. Non abbiamo bisogno di chissà quali studi per spiegare a chiunque sia che cos’è la speranza in cui crediamo, quella in cui viviamo e quella che ci conduce alla fine dei nostri giorni nella certezza dell’amore di Gesù Cristo per noi. Non abbiamo di che temere. La speculazione è una cosa che interpella la ricerca teologica, non l’apologia della speranza, che qui san Pietro ci domanda. In che modo, tuttavia, viene facilitata l’accoglienza della voce dello Spirito che parla in noi e ci svela i misteri divini? San Pietro lo premette all’inizio di questo passo: “Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori”. Qui sta il segreto dell’essere capaci di dare una ragione alla nostra speranza. Volgersi costantemente a Cristo, come Dio e Signore. Lo Spirito, che ama in noi e che ama noi, nella reciprocità della relazione, non tarda ad assuefarci nella sua Verità, e a svelarci tutte le ragioni della nostra speranza. Dove Cristo è, infatti, ivi è lo Spirito di Verità, nella sua illuminazione al nostro mondo interiore, e con la sua potenza ci rende capaci di testimoniarlo, a quanti desiderano la nostra testimonianza.
Amen