Non è vero che “Giuda siamo tutti noi” – Non si stravolga il pensiero della Valtorta –

Non è vero che “Giuda siamo tutti noi” – Non si stravolga il pensiero della Valtorta – A commento di un articolo che casualmente leggo su Tempi.it ***

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Stiamo confondendo palesemente – da un certo entusiasmo post conciliare in avanti – individuo e collettività, e in tal senso le rispettive derive, individualistica e collettivistica. Se l’idea di un “Giuda che siamo tutti noi” sorge, in chi la propugna, dagli scritti della Valtorta e da alcuni studi e iniziative ad essi ispirati, si sappia che qui si sta stravolgendo totalmente il pensiero della Valtorta, che non ha mai accomunato nessuno di noi a colui che, nella sua opera principale (L’Evangelo come mi è stato rivelato, ndr), Giovanni Apostolo chiama “Satana” (e lo stesso Giovanni, nel suo Vangelo, chiama “ladro”). Questo collettivismo ha un filone “redentorista” verso il suddetto personaggio, e l’idea comunitaria (tipica del post concilio) che ci vorrebbe tutti come lui, ma alla fine salvati, è falsissima teologicamente e totalmente errata valtortianamente. La Valtorta ha infatti sempre definito Giuda come un demonio, senza salvezza alcuna, e nei suoi Quaderni Gesù dice che “è un sacrilegio anche solo pensare che egli sia potuto giungere in Paradiso”. Queste persone, quindi, che parlano al plurale – omologando noi tutti a lui – forse confondono la solidarietà nel peccato con la dannazione eterna. La prima è sì un’entità collettiva che coinvolge tutti i figli di Adamo, ma la seconda non lo è affatto, poiché intrinseca unicamente a quanti, contro ogni disposizione salvifica di Gesù Cristo, vi si sono opposti, preferendo il male alla sua redenzione. Non si redime chi odia il Redentore. E Giuda lo ha odiato, e quando il Vangelo di Matteo dice che “si pentì”, significa che ritenne sfavorevole ciò che aveva commesso – come del resto tutti i dannati giunti all’epilogo della loro esistenza – ma niente affatto che volle chiedere perdono a Gesù o a Maria in sua vece, come fecero Pietro, Longino, gli stessi Apostoli fuggitivi e tanti peccatori di quell’ora. Quindi non ha alcun senso dire che “Giuda siamo tutti noi”, poiché sono i dannati a essere come lui. Ciò non toglie nulla al nostro essere tutti peccatori; l’universalità riguarda tuttavia il peccato, non il pentimento e la penitenza. Chi si confessa e si umilia davanti a Gesù Cristo, non ha alcun motivo di essere rapportato a colui che, dopo l’elezione del sostituto Mattia, la Valtorta ci dice che gli stessi Apostoli non vollero nominare più, né parlare più di lui.

Stiamo dunque molto lontani, come lo stiamo dal diavolo, da qualsiasi anche solo supposta parentela con l’uomo di Keriot, poiché essere di Gesù significa – valtortianamente e cattolicamente – non avere nulla a che fare con lui.

Purtroppo alcune teologie di questo tempo (quelle che io definisco come “le teologie dell’un po’ e un po’) si mascherano di bei concetti per redimere i demoni, negando spesso l’esistenza stessa di questi ultimi (e in tal modo, la redenzione è compiuta). Negando l’esistenza oggettiva dell’inferno, di Satana quale suo generatore e la possibilità stessa che, nonostante il sacrificio di Cristo, l’uomo possa liberamente decidersi per quella via, spianano la strada all’omologazione “collettivista” del patetico “tutti salvati”, dimenticando che non è la loro antropologia teologica a salvare l’uomo dalla perdizione, ma Gesù Cristo, al quale però si deve integralmente aderire. Amen.

*** di Francesco Gastone Silletta
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