Dalla lett. enciclica “Ad Petri Cathedram”, di S. Giovanni XXIII

Dalla lett. enciclica “Ad Petri Cathedram”, di S. Giovanni XXIII (29 giugno 1958), qui il n. 1:

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Di tutti i mali che, per così dire, avvelenano gli individui, i popoli, le nazioni, e così spesso turbano l’animo di molti, causa e radice è l’ignoranza della verità. E non l’ignoranza soltanto, ma talvolta anche il disprezzo e uno sconsiderato disconoscimento del vero. Di qui errori d’ogni genere, che penetrano negli animi e si infiltrano nelle strutture sociali, tutto sconvolgendo con grave rovina dei singoli e dell’umana convivenza. Eppure Dio ci ha dato una ragione capace di conoscere le verità naturali. Seguendo la ragione seguiamo Dio stesso, che ne è l’autore e insieme legislatore e guida della nostra vita; se invece o per insipienza o per infingardaggine o, peggio, per cattivo animo, deviamo dal retto uso della ragione, con ciò stesso ci allontaniamo dal sommo bene e dalla legge morale. Possiamo, certamente, attingere con la ragione le verità naturali, come si è detto; questa conoscenza però – soprattutto per quanto concerne la religione e la morale – non tutti possono facilmente conseguirla, e se la conseguono, ciò spesso avviene non senza mescolanza di errori. Le verità poi che trascendono la capacità naturale della ragione non possiamo in alcun modo raggiungerle senza l’aiuto di una luce soprannaturale. Per questo il Verbo di Dio, che «abita una luce inaccessibile» (1 Tm 6,16), per amore e compassione del genere umano, «si è fatto carne e abitò fra noi» (Gv 1,14), per illuminare «ogni uomo che viene al mondo» (Gv 1,9) e condurre tutti non solo alla pienezza della verità, ma ancora alla virtù e all’eterna beatitudine. Tutti perciò sono tenuti ad abbracciare la dottrina dell’evangelo. Se la si rigetta, vengono messi in pericolo i fondamenti stessi della verità, dell’onestà e della civiltà.

Come è evidente, si tratta di una questione gravissima, inseparabilmente connessa con la nostra eterna salvezza. Coloro i quali, come dice l’apostolo delle genti, «stanno sempre a imparare senza mai giungere alla conoscenza della verità» (2 Tm 3,7), e negano all’umana ragione la possibilità di arrivare a qualsivoglia verità certa e sicura e ripudiano anche le verità da Dio rivelate, necessarie per l’eterna salvezza: questi infelici sono ben lontani dall’insegnamento di Gesù Cristo e dal pensiero dello stesso apostolo delle genti, il quale esorta ad «arrivare tutti insieme all’unità della fede e alla piena conoscenza del Figlio di Dio… Allora non saremo più fanciulli sbalzati e portati qua e là da ogni vento di dottrina, tra i raggiri degli uomini e la loro scaltrezza a inoculare l’errore. Ma, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo. È in virtù sua che il corpo tutto intero, grazie ai vari legami che gli danno coesione e unità, cresce mediante l’attività propria di ciascuno dei suoi organi e si costruisce nella carità» (Ef 4,13-16).

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