– Il pastore alla pecorella ritrovata –
Dagli scritti di Maria Valtorta (12-8-1944)
“Ti ho ritrovata, mia diletta. Ti ho raggiunta. Quanto cammino che ho fatto per te, per riportarti all’ovile. Non chinare la fronte avvilita. Il tuo peccato ora è sepolto nel mio cuore. Nessuno, fuorché Io che ti amo, lo conoscerà. Io ti difenderò dalle critiche altrui, ti coprirò con la mia persona per farti scudo contro le pietre degli accusatori. Vieni. Sei ferita? Oh, mostrami le tue ferite! Le conosco. Ma voglio che tu me le mostri con la confidenza che avevi quando eri pura e guardavi a me, tuo pastore e Dio, con occhio innocente. Eccole. Hanno tutte un nome. Come sono profonde! Chi te le ha fatte tanto profonde queste nel fondo del cuore? Il Tentatore, lo so. È lui che non ha bordone né ascia, ma che colpisce più a fondo col suo morso avvelenato, e dietro a lui colpiscono i gioielli falsi del suo turibolo: coloro che ti hanno sedotta col loro brillare e che erano zolfi d’inferno tratti alla luce per arderti il cuore. Guarda quante ferite! Quanto vello lacerato, quanto sangue, quanti rovi. Povera piccola anima illusa! Ma dimmi: se Io ti perdono, tu mi ami ancora? Dimmi: se Io ti tendo le braccia, tu vi accorri? Ma dimmi ancora: hai sete dell’amore buono? E allora vieni e rinasci. Torna nei pascoli santi. Piangi. Il tuo col mio pianto lavano le tracce del tuo peccato, ed Io per nutrirti, poiché sei consumata dal male che ti ha arsa, mi apro il petto, le vene mi apro, e ti dico: “Pasciti, ma vivi!”. Vieni, che ti prendo sulle braccia. Andremo più solleciti ai pascoli santi e sicuri. Tutto dimenticherai di quest’ora disperata. E le novantanove sorelle, le buone, giubileranno per il tuo ritorno perché, Io te lo dico, mia pecorella smarrita che ho cercato venendo da tanto lontano, che ho raggiunto, che ho salvato, si fa più festa fra i buoni per uno smarrito che torna, che non per novantanove giusti che mai si sono allontanati dall’ovile!”