Dal documento: “La morale cristiana e le sue norme” – Commissione Teologica Internazionale

 
The Young Ribera - Exhibition - Museo Nacional del Prado
Da un documento da rileggere: “La morale cristiana e le sue norme” – della Commissione Teologica Internazionale (1974)
 
[…] 1. Il Cristo come norma concreta
 
Un’etica cristiana dev’essere elaborata prendendo come fondamento Gesù Cristo. Come Figlio del Padre, egli ha compiuto nel mondo tutta la volontà di Dio (tutto ciò che a Dio è dovuto), e lo ha fatto « per noi ». In questo modo noi da lui, che è la norma concreta e assoluta di ogni attività morale, riceviamo la libertà di compiere la volontà di Dio e di vivere il nostro destino di liberi figli del Padre.
1. Cristo è l’imperativo categorico concreto. Di fatti, egli non è solo una norma formale universale dell’azione morale, tale da poter essere applicata a tutti, ma una norma concreta personale. In virtù della sua passione sofferente per noi e del dono eucaristico che ci ha fatto della sua vita, sotto forma di comunione con lui (per ipsum et in ipso). Cristo in quanto norma concreta, ci rende interiormente idonei a compiere con lui (cum ipso) la volontà del Padre. L’imperativo è fondato sull’indicativo oggetto: amare i suoi figli in se stesso e con lui (1 Gv 5, 1 s.); adorare in spirito e verità (Gv 4, 23). La vita di Cristo è contemporaneamente azione e culto. Per i cristiani, questa unità costituisce la norma assoluta. Non possiamo cooperarvi che con un atteggiamento di infinito rispetto (Fil 2, 12) nei confronti dell’opera salvifica di Dio, il cui amore assoluto ci supera all’infinito e con la massima differenza (in maiori dissimilitudine). La liturgia è inseparabile dall’agire morale.
2. L’imperativo cristiano ci situa al di là della problematica dell’autonomia e dell’eteronomia:
a) Infatti, il Figlio di Dio, generato dal Padre, è sì « un altro » (héteros); ma non « qualche cosa d’altro » (héteron) in rapporto a lui, che, come Dio, risponde a suo Padre in maniera autonoma (la sua persona coincide con la sua processione e quindi con la sua missione). D’altra parte, in quanto uomo, ha come presupposto dell’esistenza (Eb 10, 5 s.; Fil 2, 5 s.) e come sorgente intima dell’attività personale (Gv 4, 34, ecc.) il valore divino e il suo consenso a questo, anche quando vuole provare dolorosamente tutte le resistenze dei peccatori nei confronti di Dio [1].
b) In quanto creature noi restiamo « héteron », ma diventiamo pure capaci di mostrare la nostra libera attività personale mediante la forza divina (la « bevanda » diviene in noi la « sorgente ») (Gv 4, 13 s.; 7, 38). Essa ci viene dall’eucaristia del Figlio, per mezzo della nascita di grazia con lui, dal seno del Padre e dalla comunicazione del loro Spirito. Nella sua opera di grazia, Dio agisce gratuitamente (« per nulla »); a noi pure viene richiesto di agire gratuitamente per amore (e non « per qualche cosa », (Mt 10, 8; Lc 14, 12-14); la « grande ricompensa » del cielo (Lc 6, 23) non può dunque essere nient’altro che l’Amore stesso.
Nel piano eterno di Dio (Ef 1, 10), la meta finale coincide con la mozione iniziale della nostra libertà (interior intimo meo; Rm 8, 15 s. 26 s.). […] (Fonte: vatican.va)
 
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