“I Giudei cercavano di ucciderlo” (Gv 7,1) – Gesù ha vinto la sfida che l’odio umano gli ha lanciato
Gesù, umanamente è nato ed è vissuto con questa consapevolezza: il tentativo e poi il compimento della sua uccisione. Il fatto di morire per salvare interpella un altro livello della coscienza umana di Gesù: quest’ultimo, infatti, dà una – seppur misteriosissima per noi – soddisfazione all’idea stessa del morire. L’altro aspetto, invece, è molto inquietante per lo spirito, cioè la coscienza che gli altri ti cerchino per ucciderti, e che non abbiano pace finché ciò non sia stato compiuto. L’inquietudine è sia in riferimento a se stesso (perché chi mai vorrebbe vivere così?), sia in riferimento agli stessi persecutori, per la salvezza dei quali Gesù è venuto in questo mondo. Sin dal principio della vita di Gesù, il Vangelo testimonia questa volontà di uccidere Gesù, come testimonia l’evento della strage degli innocenti. E quando la sua vita pubblica ha inizio (poiché dei trent’anni nascosti non possiamo elaborare delle considerazioni), essa è stata un continuo movimento nella direzione della sua uccisione. E perché? Giovanni introduce questa idea giudaica di uccidere Gesù (anche con l’umiliazione e le parole) quando racconta della guarigione, in giorno di sabato, del paralitico di Betzatà. Guarire un uomo malato, può costare la vita. Chiamare Dio come Padre, essendolo per natura, può meritare una condanna a morte. Dare la vita a un infermo da 38 anni in giorno di sabato, può costare l’accusa di sacrilegio. Tutte queste cose, ad ogni modo, sono superficiali sovrastrutture ed espressioni di una realtà molto più profonda e che è l’odio umano, anche quello “religioso”. Si può odiare Dio e la sua legge, che poi è una legge di amore, fingendo pubblicamente di ossequiarla, trasmettendo questo inganno nel cuore dei fedeli. Questo capita anche oggi. E in tal modo, si compie per Gesù quella parola che egli stesso aveva profetizzato per i suoi discepoli, ossia che “uccidendovi crederanno di dar lode a Dio”. Ma Dio è il contrario eterno di questa supposizione. L’odio abita nell’uomo – e si espande, come si è detto, a seconda della carica che uno ricopre – unicamente per diabolica movenza e non ha mai alcun legame con Dio. Per salvarci tutti, Gesù ha vissuto in mezzo all’odio dominante nei suoi confronti, il suo martirio è iniziato molto tempo prima di quella storica notte nel Getsemani. E come ha vinto quest’odio, Gesù? Amando, e amando umanamente, ognuno dei suoi persecutori. Mai con finzione, mai con ipocrisia, mai con clamore autoreferenziale, ma sempre con l’attualità del suo donarsi per l’altro, chiunque fosse e a qualunque costo. Se poi uno questo amore non lo vuole in nessun modo accogliere, il problema non riguarda più né Gesù, né una possibile inefficacia dell’amore, bensì un radicamento tale dell’odio, in una persona, da indurla a tentare di coinvolgere Dio stesso nel suo odio, divenendo qui sì realmente blasfemi. Ma oggi, come a quel tempo, tutto ciò conviene all’umanità miserabile di alcuni, legati all’idea di prestigio sulla terra, e Dio viene con inganno pronunciato a testimonianza di se stessi e della propria mala condotta. Gesù specifica ai suoi discepoli questo aspetto dell’odio nei suoi riguardi: non è possibile che il mondo odi voi in quanto voi, ma odia me, perché manifesto come le sue opere siano malvagie. Quando viene smascherato, l’odio diviene incandescente e incontrollabile, come ci testimonia quel giorno di Parasceve in cui Gesù morì. Ma proprio qui è la vittoria dell’amore su di esso: chi dà la vita nel tentativo di salvare qualcuno, ha vinto la sfida che l’odio gli ha lanciato. Amen.
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