I tempi possono cambiare quanto vogliono, ma uno dei testi più belli sulla liturgia rimane quello di Joseph Ratzinger, “Introduzione allo spirito della liturgia” – Sullo sguardo verso oriente

I tempi possono cambiare quanto vogliono, ma uno dei testi più belli sulla liturgia rimane quello di Joseph Ratzinger, “Introduzione allo spirito della liturgia” – Sullo sguardo verso oriente:

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“[…] al di là di tutti i cambiamenti, una cosa è rimasta chiara per tutta la cristianità, fino al secondo millennio avanzato: la preghiera rivolta a oriente è una tradizione che risale alle origini ed è espressione fondamentale della sintesi cristiana di cosmo e storia, di attaccamento alla unicità della storia della salvezza e di cammino verso il Signore che viene […]

L’uomo contemporaneo comprende poco tale “orientamento”. Mentre per l’ebraismo e per l’islam continua a essere ovvio che si deve pregare rivolti verso il luogo centrale della Rivelazione – verso Dio che si è mostrato a noi, dove e come egli si è mostrato a noi –, nel mondo occidentale è divenuto dominante un pensiero astratto che, per qualche aspetto, è persino frutto della stessa evoluzione della cultura cristiana. Dio è spirito, e Dio è dappertutto. Ciò non significa forse che la preghiera non è legata a nessun luogo e a nessuna direzione? In effetti, noi possiamo pregare dovunque, e Dio è per noi raggiungibile dovunque. Questa universalità del pensare a Dio è conseguenza dell’universalità cristiana, dello sguardo cristiano al Dio che è al di sopra di tutti gli dei, che abbraccia il cosmo e che è più intimo a noi di noi stessi. Ma la consapevolezza di questa universalità è frutto della Rivelazione: Dio si è mostrato a noi. Solo per questo lo conosciamo, solo per questo possiamo abbandonarci con fiducia a lui nella preghiera in ogni luogo. E proprio per questo continua a essere appropriato il fatto che nella preghiera cristiana trovi espressione la dedizione fiduciosa al Dio che si è rivelato a noi. E come Dio stesso ha preso un corpo, è entrato nello spazio e nel tempo della terra, così è giusto – almeno nella preghiera liturgica comunitaria – che il nostro parlare con Dio sia “incarnato”, cristologico, si volga al Dio trinitario attraverso la mediazione del Verbo incarnato. Il simbolo cosmico del sole che sorge esprime ad un tempo l’universalità al di sopra di tutti i luoghi e mantiene comunque la concretezza della rivelazione di Dio. La nostra preghiera si colloca così nella processione dei popoli verso Dio […]”

Amen

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