Il verbo “κατεσθίω” e ciò che il diavolo divora

Il verbo “κατεσθίω” e ciò che il diavolo divora

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Quante volte abbiamo sentito la parabola del seminatore, tanto che quando ancora la liturgia ce la propone, ci pare di sentire qualcosa di risaputo. Eppure i significati del Vangelo – e quelli delle parabole in esso contenute – ci trascendono continuamente, e mai abbastanza ne siamo intellettualmente saturi. L’esempio ci viene dagli stessi Apostoli, che nel caso della parabola del seminatore, come in quello della parabola della zizzania, si riconoscono incompetenti e chiedono spiegazioni a Gesù. Ora, il seminatore non è uno che getta a casaccio il suo seme, ma anzi, conosce bene ogni luogo in cui esso viene gettato. Le complicazioni giungono a motivo del ricevente, non di colui che semina. E se osserviamo il testo, notiamo come nel primo dei quattro contesti elencati, cioè quello “lungo la strada”, si dice che quel seme viene “divorato” dagli uccelli. Il verbo greco è qui “κατεσθίω”, che significa appunto “divorare, consumare, dissipare”. Questo è ciò che fa il diavolo con i nostri doni che riceviamo da Dio, ogni volta che non li custodiamo con parsimonia, anche quando sono solo dei piccoli semi, come nel caso di questa parabola. Il diavolo vuole divorarci in tutti i nostri talenti, “ha fame insaziabile di noi”, e ogni volta che con la nostra negligenza spirituale gli apriamo un varco, lui fa irruzione in noi ed è molto difficile liberarsi da lui. Gesù vorrebbe che noi non fossimo sottoposti a questa fatica, donandoci anzitempo il “seme” della sua parola, che ci protegge da ogni assalto del divoratore. Se tuttavia noi lasciamo che la sua parola scenda nelle aree “cementate” del nostro cuore, non dobbiamo stupirci che essa divenga preda del diavolo, che ci divora in ciò che di santo Dio ci ha donato. Amen.

 

Pubblicato da lacasadimiriam

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