“Come può uno penetrare nella casa dell’uomo forte e rapirgli le sue cose, se prima non lo lega? Allora soltanto riuscirà a saccheggiare la sua casa” (Mt 12,29)

“Come può uno penetrare nella casa dell’uomo forte e rapirgli le sue cose, se prima non lo lega? Allora soltanto riuscirà a saccheggiare la sua casa” (Mt 12,29)

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Questo passo di Matteo si trova anche in Luca (Lc 11,21-22), con delle leggere differenze testuali che non modificano tuttavia il senso del discorso; e si trova anche in Marco (Mc 3,27), sostanzialmente identico a Matteo.
Gesù dice queste parole nel contesto della sua diatriba con i farisei, i quali, dopo aver assistito all’esorcismo di un indemoniato, accusano Gesù di operare tali cose con il potere di Beelzebul. Lasciando un attimo da parte un’osservazione previa, che si deduce da questa accusa mossa a Gesù, ossia che evidentemente vi era davvero chi a quel tempo attribuisse a Beelzebul un carisma esorcistico, vogliamo invece sottolineare un aspetto della risposta apologetica di Gesù: se vi è un uomo forte, e l’intento è quello di derubarlo dei suoi beni, occorre prima che quest’uomo sia legato, cioè immobilizzato e privo di possibili difese.
Nell’ambito della teologia biblica, esistono sostanzialmente due distinte interpretazioni a questo testo, fra loro opposte, ma non necessariamente l’una escludente a tutti i costi l’altra. La prima interpretazione intende Gesù stesso come colui che “lega l’uomo forte” (il Maligno) per saccheggiargli la casa. Questa è l’interpretazione che anche noi sosteniamo come più conveniente. La seconda interpretazione è invece quella che intende il Maligno stesso come colui che “lega” l’uomo forte e gli saccheggia i beni spirituali. Anche questa interpretazione ha un suo fondamento di credibilità, ma tuttavia riteniamo che sia la prima ad essere quella intesa da Gesù. Gesù, infatti, viene a riprendere ciò che è suo, cioè l’anima degli uomini, legando il Maligno con ogni sua potenza e “saccheggiandogli la casa”, cioè assumendo ciò che il Maligno stesso in precedenza aveva rubato, ossia appunto i beni dell’anima.
Matteo usa l’espressione verbale di “legare” (greco: deó), la stessa ad esempio usata in 16,19 dove si parla del potere consegnato a Pietro di legare e di sciogliere. Perché questa “legatura dell’uomo forte” (greco: “ton ischyron”, letteralmente: “Il forte”)avvenga, occorre poter penetrare nella sua casa (greco: “eiselthein eis tēn oikian). Se colui che viene inteso come chi è legato, ossia in questa interpretazione, il Maligno, si deve capire in che senso si intenda questa azione di penetrazione nella sua casa. Ora, se leggiamo per intero il passo del Vangelo che contiene il versetto che stiamo analizzando, vediamo come Gesù stia parlando in riferimento a qualcuno che si trovi posseduto dal Maligno. L’abitazione del Maligno, dunque – che occorre penetrare per poterlo legare – non è altro che quell’uomo stesso che egli possiede. È lì, nell’intimo dell’uomo, che giunge la potenza liberante di Gesù: ivi egli “lega” il Maligno nella sua potenza, lo neutralizza nella sua possessione, e appunto gli “rapina la casa” (verbo greco: harpazó). Quest’attività così “violenta”, tuttavia, Gesù non la compie al modo di un furto, bensì di una ripresa di ciò che gli appartiene e che è stato il Maligno stesso a rubargli, ossia l’anima individuale di quella persona.
In tal senso, ciò che i farisei hanno ventilato accusando Gesù di cacciare i demoni nel nome di Beelzebul, si macchia da se stesso di ridicolo, poiché è come affermare che il Maligno voglia legare se stesso e privarsi dell’abitazione in cui dimora, l’uomo, facendo così a se stesso un danno.
Amen

 

Pubblicato da lacasadimiriam

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