Padre Jean Laplace

Tramonto

Padre Jean Laplace 

La Preghiera

(Dal libro di Jean Laplace, “La Preghiera”, titolo originale “Le prière – désor et rencontre”, Ed. Dehoniane, Bologna 1977, pp. 41-48).

“La preghiera, come ogni incontro interpersonale, mette in movimento tutte le forze di un essere, non solo quelle che lo fanno agire sulle cose, ma anche quelle attraverso le quali si rapporta agli altri, forze maschili e forze femminili, da un lato ciò che in lui è precisione e organizzazione, dall’altro l’intuizione e l’ispirazione. Queste due forze, l’uomo è tentato di contrapporle: l’agire e il lasciar fare, l’attività e la passività. In realtà l’uomo non diventa se stesso che nel gioco complementare dei due dinamismi. L’altro – l’assolutamente Altro – di cui accetta in se stesso il sorgere con tutte le esigenze conseguenti, la sua realtà, il suo mistero, lo rivela totalmente a se stesso. Non diviene se stesso che nell’incontro; “Non è bene che l’uomo sia solo”, dice la Genesi. Questa espressione si riferisce in primo luogo alla dualità sessuale, ma attraverso di essa, anche a tutte le dualità sempre più vaste con le quali l’uomo si trova a confrontarsi nel suo vivere, fino alla dualità ultima di Creatore e creatura. In questo senso, noi affermiamo che la preghiera, orientando l’uomo verso il totalmente Altro, lo fa esistere di più e addirittura pienamente, poiché l’uomo non scopre se stesso che nel rapporto, e qui si trova di fronte al rapporto essenziale che lo fa esistere.

Se l’uomo sviluppa unicamente le forze del puro agire, si atrofizza, per quanto eccellenti siano le sue realizzazioni. Lo costatiamo con i nostri occhi: il mondo in cui viviamo diventa duro e disumano quando le forze dell’amore non ricevono il posto che è loro dovuto. Per la stessa ragione, manca qualcosa all’uomo che non prega. Nella misura in cui mette in gioco le sue potenzialità di accoglienza e di dono, la preghiera è una delle nostre attività fondamentali, altrettanto indispensabile che l’amore, per costruire un universo umano.

Da quest’angolo visuale, la preghiera non appare più come un corpo estraneo nel mondo, anzi manifesta la struttura stessa dell’uomo, quella per la quale, attraverso la coscienza della propria libertà, egli si pone, con gli altri e in rapporto ad essi, nell’amore che ci fa esistere, l’amore creatore. Contemporaneamente, non appare più come un atto soltanto individuale, è piuttosto realtà nella quale tutti gli uomini si conoscono alla sorgente, si riconoscono gli uni gli altri nell’unità da essi costituita. Scendendo nelle profondità dell’umano, la preghiera ha così una portata universale. É come l’amore che, nella sua più grande intimità, diventa un fuoco irradiante su quanti lo accostano.

Per risvegliare un essere al mistero della preghiera, è bene fargli prendere coscienza di tutto ciò che gli rende possibile il rapporto con l’altro. “Hai avuto nella vita esperienza di rapporti gratuiti di amicizia?”, ho domandato un giorno a un tale che si lamentava delle difficoltà che incontrava a pregare. Dopo un primo momento di stupore, riconobbe che la sua preoccupazione principale era il rendimento e l’efficienza. Senza rapporti, non aveva ancora raggiunto la dimensione piena del suo essere. La preghiera, che è un entrare in rapporto, non poteva che risultargli estranea.

Conviene dunque, per parlarne, esaminare in che rapporto la preghiera sta con la libertà, l’essere sessuato dell’uomo, la sua vita di relazione nell’amore e nella società, la sua capacità creatrice, la sua ricerca di verità. Come si comporta l’uomo all’interno di queste realtà? Certo, la preghiera non può nascere semplicemente dall’esistere di tali realtà, ma non può assolutamente farne a meno, se vuol diventare la preghiera di un uomo.

Fatima - 1

Un’osservazione, prima di passare ad esaminare uno per uno questi elementi. L’atto della preghiera può essere descritto a chi dice di non conoscerlo. Ma, anche se sono possibili dei progressivi approcci per illuminarne gli inizi, la preghiera come tale non può essere compresa se non in quanto è vissuta. Per progredire nella sua conoscenza, è indispensabile un minimo di esperienza; può un uomo parlare dell’amore, se non l’ha vissuto? Gli scrittori accumulano parole, i moralisti consigli. Chi ha gustato del frutto nascosto, sorride dei loro tentativi: parlate dottamente – pensa tra sé – di ciò che non conoscete. Così per la preghiera. Non c’è campo in cui la letteratura sia più copiosa che il campo religioso. Senza dubbio questo avviene perché si tratta di uno di quei settori nei quali l’uomo spera di trovare la propria identità e di percepire la risposta al senso che cerca per la sua vita e per il mondo. Ma non riceve risposta alla sua domanda che nella misura in cui, leggendo un libro o ascoltando un maestro, fa riferimento poi a ciò che conosce e vive sperimentalmente.

Aggiungiamo che c’è preghiera e preghiera, come c’è amore e amore. Realtà fondamentali per l’uomo sono realtà fluttuanti; variano con l’individuo, e anche nello stesso uomo restano cariche di complessità. Sono dei mondi di cui non finiamo mai di scoprire i contorni, man mano che con la vita cresce la nostra esperienza.

La libertà

La preghiera presuppone innanzitutto che l’uomo che prega sia libero. Gesù spiega questa verità quando stabilisce, come legge di ogni preghiera dell’uomo: “Tu, quando vuoi pregare, entra nella tua stanza più riposta, chiudi la porta e rivolgi la tua preghiera al Padre tuo che è nel segreto” (Mt 6,6). La preghiera deve essere indipendente da ogni giudizio che gli uomini possano pronunciare su di te: tu non preghi per farti vedere. Preghi perché lo vuoi e perché desideri incontrare Dio, e lui solo. Per incontrarlo, non accumulare frasi già fatte, parole magiche che vorrebbero assicurarti un potere su Dio. É l’essere che incontra l’essere. Per povero e limitato che tu sia, però nel fondo di te stesso ti sai capace di assentimento e di gratitudine.

Lasciamo da parte per il momento l’oggetto e la pratica della preghiera. Trascuriamo anche le funzioni che l’uomo adempie nella società e la figura che riveste agli occhi dei suoi simili. Prendiamolo nella sua nudità, spoglio nel suo atto di esistere. É proprio nell’accettazione della sua condizione di uomo, con tutto ciò che essa comporta, che si originano sia l’esercizio della libertà che della preghiera. Anche nelle sue vette più alte, la preghiera rimane sempre un permanere e crescere in quanto sì fondamentale, apertura e accoglienza dell’esistenza, degli altri e dell’Altro nel quale noi siamo. Come per Gesù, che diceva: “Sono venuto, Padre, per fare la tua volontà”. E Maria: “Io sono la serva del Signore”.

Questa libertà che dice sì, non è un acconsentire alle fantasie dell’istinto o all’ispirazione del momento, quasi che la preghiera intervenisse nella nostra vita per soddisfare il nostro essere più superficiale. Essa è, come dice fratel Pierre-Yves, “l’espressione dello slancio che ci costituisce radicalmente come persona umana”. Suppone in noi “il coraggio di essere veramente e fino in fondo quello che siamo”. Il che vuol dire: il coraggio di riconoscere con chi e in chi noi siamo, o come dice Denis Vasse, “il riconoscimento libero e gratuito (libero perfino nei confronti dell’esercizio della preghiera) di un’alterità assoluta, origine e fine del nostro desiderio.

Con tutto il mio essere, non mi stanco di sforzarmi a non chiudermi su di me e ad accettarmi nei rapporti – e nel rapporto – di cui prendo sempre più coscienza che mi fanno essere. Il mio atto di libertà consiste in questo riconoscimento, in questo sì che io pronuncio al mondo e agli altri, non per possederli, ma per riconoscerli con me soggetti di amore e, al termine e attraverso tutti questi amori, un sì all’amore unico e assoluto in cui tutti gli altri si ritrovano e verso il quale confluiscono.

Attraverso questi itinerari di una libertà che si fa e si apre, c’è già preghiera, in quanto presenza a me stesso nel mio rapporto con l’altro. In questo slancio del mio essere, cerco di ritrovare la fonte e la fonte comune. Per questo la preghiera è sempre vissuta in termini di desiderio, di aspirazione, di libertà in cerca del suo oggetto.

Sicuramente in questa ricerca l’uomo corre il rischio di rinchiudersi su se stesso o di ricadere nelle illusioni o falsificazioni della preghiera. Lo stesso discorso vale per lo sviluppo della libertà che mette in opera la preghiera stessa. Può accadere che essa devii o si areni in false libertà. Per questo l’uomo dubita della libertà e della sua preghiera.

É necessario lottare senza tregua per accedere alla libertà vera. L’esercizio della preghiera è un combattimento per non soccombere all’illusione e alla faciloneria.

In fondo, è altrettanto raro per l’uomo raggiungere la purezza della preghiera che quella della libertà e del dono di sé. In entrambi i casi, spesso si trova a vivere alla meno peggio o di contraffazioni. Felice lui se cerca di svincolarsene. La legge di ogni preghiera è anche quella di ogni libertà: non fermarsi mai, ma nell’azione, per minima che sia, nella quale si esprimono o libertà o preghiera, ricuperare lo slancio originario che ci sospinge sempre oltre. Raggiungere insieme la sorgente e la fine. Sono le leggi primordiali della vita. Ci sottomettono, per realizzarci, a un oggetto che ci supera, sul quale non abbiamo alcuna presa e tuttavia senza il quale la vita perde significato. L’unico modo per accedervi è il desiderio, il rispetto, la ricerca amorosa. Chi vi penetra come in terra di conquista e se ne vuole assicurare l’oggetto con le proprie forze, se lo vede sfuggire tra le mani.

É questo l’atto originario di ogni preghiera. Quello di una libertà che si riceve e si apre. Disponibilità, attesa, desiderio, apertura, superamento, atteggiamento di conversione e di riconoscenza, tutte parole che dicono la stessa cosa, la condizione di una vita umana che si sviluppa, come ogni preghiera che inizia: “Entra nella tua camera”, dice il Signore. E si potrebbe tradurre: entra nel luogo segreto conosciuto da te solo, dove sei sicuro di essere te stesso e di essere riconosciuto nella tua verità. É lì che comincia per te l’incontro con Dio. “Tuo Padre ti ricompenserà”, continua Gesù. Nel segreto, ti comunicherà il suo dono, il suo Spirito, perché tu possa entrare in comunione con lui” […].

Fonte: La Casa di Miriam Torino

 

 

 

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