Negando l’iniziativa creatrice di Dio, si nega anche la possibilità salvifica per l’uomo
Negare l’esistenza di Dio in quanto creatore, nella storia, dell’uomo, implica negare con ciò che ogni uomo sia conosciuto, nella sua esperienza storica, in tutti i suoi pensieri ed atti (buoni o cattivi), dal suo Creatore. L’uomo in tal modo diventa solo, un uomo solo, soltanto un uomo, senza Dio che lo conosce non solo “attualmente”, ma anche “anticipatamente”, prima ancora di crearlo. Ciò implica per l’uomo una disfatta mortale, poiché in quella previa conoscenza che Dio ha di lui, anticipata rispetto ai suoi atti e ad ogni suo singolo pensiero, sta anche la compassione divina per lui e la sua infinita misericordia. Dio non perdona chi non conosce come sua creatura. Ma perdona, e infinitamente, a colui che, molto prima di crearlo (cioè l’uomo), sa che una volta creato, nel tempo, si dimenticherà di lui, lo tradirà, lo umilierà, e che tuttavia, nella coscienza di sapersi da sempre conosciuto da Dio, al contempo troverà le ragioni del suo pentimento e la via della salvezza. Negando l’iniziativa creatrice di Dio, si nega anche la possibilità salvifica per l’uomo, svuotando l’incarnazione di Cristo di tutto il suo senso espiatorio (cosa avvenuta con una cattiva interpretazione di Duns Scoto, ad esempio con Pannenberg e i teologi che sostengono l’incarnazione a prescindere dalla colpa di Adamo). Dio crea l’uomo e l’uomo è pensato in eterno da Dio, e in questo pensiero è conosciuto in ogni suo fallimento, e per questo, unitamente al pensiero eterno dell’uomo, è in Dio quello dell’Uomo, del Salvatore, suo Figlio stesso incarnato. Creazione, incarnazione e salvezza si muovono su un unico ordine del divino pensiero. Se l’uomo si autoesilia dall’essere-creato, al contempo si allontana dalla comprensione dell’incarnazione di Cristo e getta via la sua salvezza eterna. Il diniego del Creatore è infatti anche il diniego del Salvatore. Amen
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