Filiazione e Antico Testamento

Filiazione e Antico Testamento

Trinità

(di Francesco Gastone Silletta © Copyright Edizioni La Casa di Miriam)

Più che la ricerca di una “paternità” in seno all’Antica Economia, o di una rivelazione trinitaria “nascosta” fra le pagine di storia veterotestamentaria, o ancora di un’identificazione tout court di Jahvé con la prima persona della Trinità, ci pare lecito interrogarci, mediante una ratio teologica capace di osare una detronizzazione del monoteismo, se non sia piuttosto la relazione di filiazione il vero parametro ermeneutico per la comprensione della soggettività di Jahvé, ovvero la risposta autentica, come vedremo, all’interrogativo: “Che rapporto c’è tra il Dio che secondo il NT ha inviato il “suo Figlio” e il Dio creatore e Salvatoreil Dio unico dell’AT?”[1]. Pur ammettendo la perplessità di sant’Agostino, che lo porta a “non affermare recisamente quale persona della Trinità si sia manifestata ad un determinato patriarca o profeta, sotto una determinata cosa o sotto un’immagine sensibileeccetto il caso in cui il tenore del testo comprenda alcuni indizi probabili” [2], occorre tuttavia salvaguardare l’identità di Jahvé da un’illecita detrinitarizzazione del proprio essere, poiché, affinché l’indagine teologica non risulti condizionata, è radicalmente necessario saper distinguere fra due parametri teologici:

1. La comprensione che il popolo di Dio realizza del proprio Dio chiamandolo “Padre”

2. La rivelazione in se stessa che Dio fa di sé al proprio popolo presentandosi come “Padre”

Identificando superficialmente, infatti, “ciò che si comprende” del rivelato con “la rivelazione stessa”[3], allora è chiaro che la visuale viene “monoteisticamente” ristretta, estromettendo dal soggetto divino ciò che trinitariamente lo costituisce, cioè la sua figliolanza: “Alla coscienza cristiana il mondo appare creato perché Dio era FiglioLa creazione del mondo ad opera di Dio Padre è un momento del profondo mistero racchiuso nel rapporto fra Dio Padre e Dio Figlio” (N. Berdjajew) [4].  Con un’identificazione monoteizzante, invece, l’intera rivelazione che Jahvé fa di sé viene orientata a questa comprensione. Si tratta però della comprensione imperfetta di una rivelazione perfetta. In essa, infatti, è già contenuta una relazione di filiazione quale criterio ermeneutico, cioè Dio non si rivela mai come Padre a prescindere dalla relazione di figliolanza che ha con se stesso, né da quella che Israele, in quanto immagine economica di una filiazione immanente, ha nei suoi confronti, anche se la comprensione di Israele stesso, altra faccia della medaglia, può guardare a Jahvé soltanto come “Padre” senza considerarne la dimensione filiale già a suo modo rivelata. Questo proprio a ragione di una visuale estremamente monoteistica.

Risulta essere proprio la relazione di filiazione, si intende dire, pur contro molte delle posizioni teologiche esistenti, la grande rivelazione implicita all’Antico Testamento, infinitamente di più di una sua semplice “interpretazione” corretta (Cfr. Ivi, p. 73)[5]. Ora, se esiste una figliolanza, e dovremo dimostrarlo a partire dalle Scritture antiche, esistono pure una paternità e, necessariamente, anche una maternità[6] che ne conseguano la sussistenza, ovvero tre relazioni emergono da un unico rapporto, quello fra Dio-Jahvé e l’antico Israele.

Note:

[1] La domanda è posta nei termini riportati da J.H. NICOLAS, nella sua celebre “Sintesi DogmaticaDalla Trinità alla Trinità, vol. 1, LAV, Città del Vaticano 1991, p. 87.

[2] S. Agostino , De Trinitate, Libro  II,18,35, op. cit., p. 94.

[3] Nel suo assioma, probabilmente Rahner non tiene conto che la Trinità economica ha una sua sussistenza reale ed una relativa: la prima esprime l’atto stesso del rivelarsi storico-salvifico divino, così come esso è; la seconda indica invece la comprensione propria del popolo di Dio di tale rivelazione, che tuttavia non può essere esclusa anch’essa dall’economia. Per questo ci pare superficiale dire come fa Rahner che “La Trinità economica è la Trinità immanente è viceversa”.

[4] La citazione è riportata in  Moltmann J., Trinità e Regno di Dio, op. cit., p. 57.

[5] Cfr. Ivi, p. 73.

[6] L’introduzione della “maternità” in questo contesto vuole essere un’anticipazione, per certi aspetti “rischiosa” della trattazione sistematica successiva.

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