“Porta qui tuo figlio” (Lc 9,40) – “Προσάγαγε ὧδε τὸν υἱόν σου” – Le liberazioni incondizionate di Gesù

“Porta qui tuo figlio” (Lc 9,40) – “Προσάγαγε ὧδε τὸν υἱόν σου” – Le liberazioni incondizionate di Gesù

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Gesù esorta il padre di un indemoniato – che nemmeno i suoi Apostoli sono riusciti a liberare – a portare da lui il giovane. Gesù non indaga sul perché egli sia in quelle condizioni, soltanto domanda da quanto tempo stia così. La garbatezza e la discrezione di Gesù sono encomiabili; nonostante tutti i curiosi del caso – a cui nulla importa della salute di quel giovane, ma solo vedere qualcosa di spettacolare – Gesù si china in modo diretto sul male che lo attanaglia, senza investigare sulle cause. E dice al padre, tutto agitato: “Porta qui tuo figlio”. Qui, perché dove Io sono con la mia umanità, vi è liberazione: una liberazione certa, indubitabile, senza alcuna spesa né possibile strascico. La missione di Gesù è infatti quella di salvare le anime dalla tirannia del diavolo, che può manifestarsi in molti modi, tra cui appunto quello della possessione totale, come quella di quel giovane. Gesù libera con la dolcezza imponente del suo amore, senza fasti o sceneggiate. Anche a noi, oggi, dice: “Porta qui tuo figlio”. Non importa che sia malato, invalido o posseduto: abbi fede, portalo da me nello stato in cui è. Io lo guarirò, gli darò vita quanto più grande sarà la tua fede nel consegnarlo a me, senza lasciarti condizionare dai fallimenti di chi mi ha preceduto, fossero pure i miei stessi Apostoli. Amen.

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