Sulla confessione come rendere lode a Dio oltre che come ammissione delle proprie colpe

“Sulla confessione come rendere lode a Dio oltre che come ammissione delle proprie colpe” – Un pensiero dall’esposizione sul Salmo 117 di S. Agostino (n.1)

1. Abbiamo ascoltato, fratelli, il richiamo dello Spirito Santo, che ci esortava ad offrire a Dio il sacrificio della confessione. Ora questa confessione è di due specie: confessione della lode divina e confessione dei nostri peccati. Quanto a quest’ultima, cioè alla confessione consistente nell’accusare a Dio i propri peccati, essa è nota a tutti; anzi, la gente meno versata nella conoscenza delle Sacre Scritture ritiene che solo in questo senso si possa parlare di confessione e, quando dalla bocca del lettore si ode la parola ” confessione “, subito si avverte il devoto brusio di persone che si battono il petto. Chi la pensasse così ha da riflettere sulle parole dell’altro salmo: ‘Entrerò nel luogo della magnifica tenda, fino alla casa del Signore, in mezzo a voci di giubilo e di confessione, in mezzo a suoni di gente in festa’ (Sal41.5). In questo testo è evidente che la voce della confessione e i suoni non hanno alcuna relazione con la mestizia della penitenza ma indicano la gioia di una festa assai frequentata. Che se qualcuno volesse ancora dubitare d’un testo così chiaro, cosa potrà obiettare alle parole seguenti che si leggono nel libro dell’Ecclesiastico? ‘Opere tutte del Signore’, dice, ‘benedite il Signore! Date onore al suo nome, e con cantici e con cetre confessate la sua lode, e nella [vostra] confessione dite così: Tutte le opere del Signore sono infinitamente buone’ (Sir 39,19). Di fronte ad un testo simile nessuno, per quanto ottuso, potrà assolutamente dubitare che la confessione rientri fra i modi di lodare Dio: a meno che nella mente di qualcuno la perversione non sia giunta al segno da fargli pensare che anche quando il Signore Gesù Cristo confessò al Padre, gli abbia confessato i propri peccati. Nel qual caso, se cioè qualcuno, argomentando sul significato del nome “confessione “, volesse avanzare una tale ipotesi, certo si dimostrerebbe empio, ma a smentirlo basterebbe un semplice sguardo alla concatenazione delle idee del discorso. Ecco le parole precise: ‘Io ti confesso’ – diceva – ‘o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai savi e ai prudenti e le hai rivelate ai pargoli. Sì, o Padre, perché così ti è piaciuto’ (Lc 10,21). Chi non vede come tutto è detto a gloria del Padre? Chi non vede come in una tale confessione non c’è posto per il dolore ma vi si esprime solo gioia? Proprio come aveva indicato in apertura l’Evangelista dicendo: ‘In quell’ora [Gesù] esultò nello Spirito Santo e disse: Ti confesso, o Padre!”

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