Sull’essere “servi” e non “schiavi” di Gesù (cf. Gv 15,15)

Sull’essere “servi” e non “schiavi” di Gesù (cf. Gv 15,15)

 

Oggi 10 agosto, sia nel Vangelo che nell’antifona alla comunione, si cita il versetto di Gv 12,26: “Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore”. Nelle omelie abbiamo sentito un po’ di confusione, quasi che Gesù esortasse quanti decidono di seguirlo a diventare suoi “servi” nel senso di “schiavi”. E un sacerdote ha associato questo versetto a quello dell’ultima cena, nel quale Gesù dice “non vi chiamo servi, ma miei amici”. Ma questa contrapposizione è teologicamente del tutto inutile.

Nel primo caso, infatti, quando Gesù esorta a divenire “suoi servi”, non echeggia alcun tipo di “schiavitù” di quelle esistenti al suo tempo, dove in molti lavoravano sotto padrone alla maniera di veri “schiavi”, senza alcuna dignità lavorativa e in alcuni casi nemmeno esistenziale. Gesù non evoca alcuna “schiavitù” di questo tipo nei suoi riguardi. Il termine usato da Giovanni per dire “servo” nei riguardi di Gesù è qui “διάκονος” (diakonos), che non significa affatto “schiavo” nel senso citato, né evoca lontanamente questa condizione servile. “Servo”, qui, è colui che partecipa di Gesù nell’ascolto e nell’azione, onorando il suo insegnamento.

Nell’ultima cena, invece, dove Gesù dice “non vi chiamo servi, ma amici”, il discorso è molto distinto, e forse non c’era nemmeno bisogno di evocarlo in riferimento al Vangelo di oggi. In quel contesto, infatti – che è pure giovanneo (Gv 15,15)- Gesù si riferisce a tutto un altro genere di “servizio”, dal quale esonera i suoi “apostoli/amici”, ossia quello della “schiavitù” vera e propria, che Giovanni evangelista evoca utilizzando qui il termine “ὁ δοῦλος” (ò doulos), cioè “schiavo”. Non con questo titolo Gesù chiama i suoi Apostoli, e nemmeno noi. Ma li chiama, piuttosto, amici. L’idea di “schiavitù” nel senso sociale del termine va pertanto totalmente esclusa dal linguaggio di Gesù relativamente alla sua “sequela”.

Non andiamo a cercare, quindi, delle analisi letterarie inutili, volte a inquinare l’essenza del messaggio di Gesù ai suoi discepoli e anche a noi e a distorcerne il senso.

Amen

 

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Pubblicato da lacasadimiriam

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