“I santi sono come ostaggio di guerra per la salvezza degli altri” – (M. Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, Vol. 4, Cap. 295, n. 4) – La malattia come una “possibilità” e non come una negazione:
Gesù sta parlando ai suoi discepoli dell’inevitabilità delle malattie. Non dà in se stesso una ragione – almeno in questo discorso – del perché di questa inevitabilità: soltanto si limita a dire ai suoi di non scandalizzarsi nel vedere le malattie esistenti e diffuse nel mondo, intendendo qui “malattie” in senso molto generico. Tuttavia, questo suo parlare “in generale”, è tale solo in relazione all’esistenza delle malattie (non distinte, qui, a seconda della loro tipologia); infatti, in quanto alla “ragione” o causa delle malattie di cui parla, egli è molto più esplicito e meno generico. E in tal senso asserisce che alcune malattie – cosa questa oggi rinnegata dalla maggior parte dei cristiani – sono mandate da Dio, in vista di una espiazione, e non necessariamente una espiazione del malato in se stesso, ma di altre persone. Dice Gesù che queste malattie Dio le manda “ai santi” (della terra), i quali, a motivo di esse, “sono come ostaggio di guerra per la salvezza degli altri”. Queste persone con la loro sofferenza espiano per altre persone, molto distanti, nella loro attualità vivente, dal regno di Dio e dai suoi beni promessi. Altre malattie, tuttavia, vengono dal Maligno e dall’unione dell’uomo ai suoi mali: è l’uomo stesso che se le provoca, sebbene alla base di queste malattie vi sia l’attività nefasta del Maligno. E tuttavia, dice Gesù, citando Neemia ed Esdra, nel giorno del Signore non si deve piangere né fare lutto, poiché è di Dio quel giorno. Essendo tale, la salute è assicurata, la gioia infusa, la vittoria sul male garantita nel suo Figlio. “Salite sul monte” – dice Gesù prendendo un’immagine tipica dei Salmi – “ascendete alla perfezione” (n. 7). La possibilità di una fuoriuscita dal circuito del dolore – quale che ne sia la causa – è assicurata dall’esercizio delle virtù e dalla santificazione: “Proponete di fare penitenza sul passato, di fare una vita nuova”.
Tutto questo può orientarci ad intendere in un modo distinto la malattia, come una “possibilità”, non più come una negazione. La “possibilità” di emergere, con la fede, dalle bassezze della vita mondana, espiando per se stessi o per altri nella certezza dell’amore retributivo di Dio, che a suo tempo si manifesterà anche sul malato; la non negazione, nel senso che la malattia non implica necessariamente una negazione della vita nelle sue apparenti e mondane proposte, bensì, al contrario, come affermazione dell’uomo, nella sua capacità di ottenere da un male patito ed offerto, un più grande bene donato da Dio alla luce di esso. Amen
*** CIPREL – Centro Internazionale di Preghiera Laicale – Ispirato agli scritti di Scritti di Valtorta
Edizioni Cattoliche La Casa di Miriam
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